Lettera Circolare ai fedeli della Svizzera (ottobre 2023)

Carissimi fedeli,

La nostra Fraternità San Pio X deve costantemente camminare sul filo del rasoio nella terribile crisi che stiamo attraversando. Dobbiamo mantenere un complesso equilibrio tra il nostro amore incrollabile per la Chiesa e le sue autorità, e il nostro assoluto rifiuto del modernismo, che continua a creare scompiglio a tutti i livelli. Nei paesi cristiani da lunga data, come il nostro, il contrasto diventa sempre visibile, perché mentre le file dei cattolici tradizionali si riempiono sempre di più, il numero dei cattolici nella società va via via diminuendo!

Questa situazione di "distruzione delle istituzioni cristiane", come scriveva l'arcivescovo Lefebvre già nel 1966[1], spiega alcune difficoltà molto concrete che incontriamo, soprattutto in materia sacramentale. Per capire bene il problema, devo dare una breve spiegazione preliminare dei due poteri presenti nella Chiesa: il potere dell'ordine e il potere di giurisdizione. Il potere dell'ordine dipende dall'ordinazione ricevuta (ad esempio il sacerdozio o l'episcopato), mentre il potere di giurisdizione deriva dalla "missione" affidata dall'autorità. Il Papa, per quanto riguarda il potere dell'ordine, è un vescovo "come gli altri", ma possiede la giurisdizione su tutto il mondo, mentre un vescovo diocesano ha la giurisdizione solo sulla sua diocesi. Nella Fraternità, il potere dell'ordine si riceve attraverso l'ordinazione. Per quanto riguarda la giurisdizione, ricorriamo alla giurisdizione sostitutiva a causa dello stato di necessità causato dalla crisi nella Chiesa, ma non riceviamo alcuna giurisdizione ordinaria dalle autorità, che ovviamente non ci affidano alcuna missione canonica.

Parecchi sacramenti dipendono esclusivamente dall'ordinazione ricevuta. Ciò vale per il Battesimo, la Comunione, la Cresima e l'Estrema Unzione. Il sacerdote che li conferisce può essere indegno, ma in nessun caso la validità del sacramento potrebbe essere messa in discussione. A differenza di questi cinque sacramenti, la cui validità non dipende da alcuna giurisdizione, gli ultimi due, la penitenza e il matrimonio, richiedono solitamente una giurisdizione sulla persona che li riceve. Ma anche per questi due sacramenti, la Chiesa è sempre stata attenta a stabilire regole e definire le eccezioni per i casi di necessità, e noi ci troviamo chiaramente in questo tipo di situazione.

Solidamente fondata su questa saggezza della Chiesa, la Fraternità ha continuato il suo ministero per le anime, malgrado l'ingiusta esclusione da parte dalle autorità ecclesiastiche. Si potrebbe sempre obiettare che in questo o quel caso particolare si sarebbe potuta trovare una situazione più "regolare", facendo appello puntuale a un determinato sacerdote o vescovo. Ma in un reale stato di necessità, questi appelli puntuali non avrebbero potuto bastare per conferire i sacramenti nel modo consueto. Il realismo molto saggio del nostro fondatore era il seguente: "Credo che si debba davvero fare tutto il possibile, almeno tentare, per ricevere la delega" (29 ottobre 1978), ma una volta diventato ragionevolmente impossibile ricorrervi, lo stato di necessità diventava evidente e la salvezza delle anime urgente.

Quando nel 2015, anno giubilare della Misericordia, Papa Francesco ha concesso ai sacerdoti della Fraternità la facoltà universale di confessare, sarebbe chiaramente stato assurdo non gioire di questo riconoscimento da parte del Sommo Pontefice, indipendentemente dalla sua teologia e dalle sue idee! Certo, le confessioni fatte fino a quel momento erano valide, ma stavamo semplicemente passando da una situazione straordinaria a una ordinaria.

La questione del matrimonio è un po' più complessa, in quanto è stata anche oggetto di una concessione di Papa Francesco data nel 2017, ma questa volta tramite i vescovi diocesani. Le reazioni delle diocesi sono state contrastanti e talvolta mutevoli. La linea di condotta della Fraternità è rimasta la stessa: seguire la via ordinaria fintanto che è possibile, ma se le circostanze lo richiedono si deve ricorrere allo stato di necessità.

Questa situazione complessa si presenta in Svizzera, dove alcune diocesi ci concedono la delega per i matrimoni, mentre altre si rifiutano di farlo. Siamo ovviamente molto grati ai vescovi che ci concedono queste facoltà, e non accetteremmo che un matrimonio si svolga nelle nostre chiese senza questa delega.

Ma nelle altre diocesi, senza voler entrare in dettagli complicati, ci siamo trovati davanti a rifiuti di principio riguardo ai formulari di preparazione al matrimonio. I nostri formulari sono stati rifiutati con il pretesto che andavano contro la nuova definizione di matrimonio come invece la esprimevano i formulari delle diocesi. Ma tutta la tradizione della Chiesa fino al Concilio Vaticano II ha costantemente affermato che il primo fine di questo sacramento sono i figli e la loro educazione, e che il sostegno reciproco e l'amore sono solo il fine secondario.

Si tratta di una priorità della natura e non di una scala di valori, perché è ben evidente che l'amore-carità degli sposi è essenziale per una vera vita di famiglia e per lo sviluppo degli sposi stessi. Basta rileggere i preziosi insegnamenti di Papa Pio XII nei primi anni del suo pontificato per convincersene. Ora noi teniamo molto a questa concezione del tutto classica del matrimonio, tanto che non vediamo come si possa conciliare la formazione che diamo ai futuri sposi con la formulazione che dovrebbero firmare.

Non stiamo difendendo una nostra opinione, ma l'insegnamento costante della Chiesa fino alle innovazioni del Concilio. I decreti sinodali della diocesi di Sion del 1958 lo esprimevano ancora chiaramente: "La natura stessa di questa istituzione divina, l'unione dell'uomo e della donna, è indirizzata a procreare ed educare i figli e a prestarsi reciproco aiuto". E il Direttorio diocesano francese per i sacramenti (1956) non era meno chiaro: "Sapete che ci si sposa prima di tutto per fondare un focolare domestico, avere dei figli ed educarli cristianamente, e in secondo luogo per aiutarsi reciprocamente come coniugi?" Il nuovo orientamento, non solo è contrario alla tradizione, ma apre la porta a una serie di abusi per quanto riguarda i procedimenti di annullamento del matrimonio. E noi non possiamo accettarlo. Teniamo troppo alla grandezza e alla santità di questo sacramento, che è "grande in Cristo e nella Chiesa".

Contrariamente agli Istituti sacerdotali conservatori pienamente riconosciuti da Roma, noi rifiutiamo le innovazioni uscite dal Concilio, perché "minano le Verità insegnate dal Magistero autentico della Chiesa e che appartengono definitivamente al tesoro della Tradizione"[2]. Secondo la testimonianza di fedeli sconvolti, queste innovazioni, messe in pratica nell'apostolato, hanno dato frutti tragici: battesimi invalidi, matrimoni senza preparazione, senza insegnamento. Non possiamo confrontare i nostri fedeli con questa incredibile domanda: "Ho davvero ricevuto tale o tal altro sacramento? Il sacerdote ha fatto ciò che era necessario affinché il sacramento fosse valido?" Recentemente abbiamo dovuto far notare a una madre che il battesimo ricevuto da suo figlio in una parrocchia cattolica dieci anni fa non era valido, perché il sacerdote non aveva fatto ciò che avrebbe dovuto.

Certo, la situazione della Fraternità non è sempre invidiabile: spesso ci viene vietato di celebrare nelle chiese e i nostri sacramenti sono talvolta considerati a torto nulli. Ma dobbiamo mantenere la visione d'insieme. Se, canonicamente parlando, una gran parte dell'apostolato svolto dalla Fraternità non è regolare, ciò è sempre dovuto alla situazione di crisi nella Chiesa. Accettiamo questa situazione, basandoci sul costante insegnamento della Chiesa fino all'ultimo Concilio, per conferire ai nostri fedeli in ogni momento e senza restrizioni l'accesso ai sacramenti. Capire questa situazione e i principi che la regolano ci permette di accettare con profonda gratitudine tutto ciò che Roma ci concede, ma anche di non temere il ricorso allo stato di necessità.

In sintesi, la Fraternità cerca di beneficiare il più possibile della giurisdizione vigente e i passi compiuti in questa direzione sono numerosi. Resta il fatto che si tratta di questioni complesse e che dobbiamo avere fiducia nelle autorità. Le decisioni chiare e precise su questi temi sono una questione di prudenza. Ciò non impedisce, ovviamente, di avere una propria opinione, ma non bisogna dimenticare che l'autorità beneficia di una visione globale della situazione e che desidera assicurare l'unità d'azione per garantire ai nostri fedeli in ogni momento l'accesso ai sacramenti e condurli così alla beatitudine eterna!

Don Thibaud Favre

 

[1]Lettera di mons. Lefebvre al cardinale Ottaviani, 20 dicembre 1966

[2]Mons. Marcel Lefebvre, loc. cit.